Quando anche a Persano c’erano i profughi
Pubblichiamo due articoli già apparsi sul settimanale “Unico”. In giorni in cui è di grande attualità il problema della immigrazione, ci è sembrato opportuno riproporre questi ricordi del nostro presidente Antonino Gallotta
Al centro della foto scattata nel 1934 al termine di una corsa di 1600 metri, in piedi, Simone Sciscin. A cavallo, da sinistra: Oscar Caramante, Rocco Tambone, Giuseppe Belmonte, Salvatore Chiaviello, Giovanni Gallotta.
I nostri “ russi bianchi “, storia di una colonia di militari a Persano.
Ricordi di Antonino Gallotta sul lungo soggiorno di lavoratori in divisa venuti da lontano.
Un gruppo di russi negli anni del Fascismo lavorò a Persano nell’azienda statale che allevava i celeberrimi cavalli omonimi e curava i rifornimenti alimentari dell’Esercito , i formaggi in particolar modo. Il loro ricordo è ben impresso in chi ha vissuto tra il Sele e il Calore prima che tutta l’area fosse tutta militarizzata. Essi erano quattro : Matteo, Simone, Pietro , Giovanni. I cognomi li ricordo, ma sicuramente storpiati. Per esempio Simone si chiamava per cognome Sci Scin. Matteo di cognome Isaeff. Il governo italiano di allora accolse questi signori che cercavano di sfuggire alla repressione comunista. A raccontare è Antonino Gallotta, ora storico del cavallo Persano dopo una vita da tecnico siderurgico in giro per il mondo. Arrivarono qui per via dei “ I dieci giorni che sconvolsero il mondo “ come scrisse John Reed e della Rivoluzione di Ottobre che insieme con gli sconquassi della prima Guerra Mondiale e i prodromi dei fascismi dalla Russia riversò in Occidente un’enorme massa di persone desiderose di fuggire agli orrori della Guerra Civile e alle repressioni da parte del bolscevismo vincente. La stima parla di due milioni di persone . Tradizionalmente questa emigrazione , seguita alla rivoluzione , prende il nome di “bianca”, dal nome dell’esercito contrapposto all’Armata Rossa. Molti di loro scelsero di rifugiarsi in Campania . Capri e Ischia, la città di Napoli, e la Costiera furono i posti preferiti , anche in virtù di antichi rapporti che già vi intrattenevano i vecchi esuli antizaristi e comunisti. Lenin e Gorky a Capri, Bakunin a Napoli, e poi i tanti ballerini e musicisti legati all’isolotto “Li Galli”, sono i capitoli più conosciuti anche al largo pubblico. A complicare ulteriormente le cose venne il riconoscimento dell’URSS da parte del Regno d’Italia nel 1924, che diede origine a due paesi : una Russia “nuova”, nell’ambito delle frontiere statali dell’Unione Sovietica , e una Russia “vecchia”, che continuava la sua esistenza culturale sotto forma di diaspora e che credeva con fervore in una rivincita. I funzionari delle Stato italiano avevano difficoltà nell’incasellamento degli esuli russi giunti in Italia. Non era chiaro chi fossero i russi “bianchi”, chi gli apolidi, perché alcuni russi avessero i passaporti sovietici.Ma veniamo ai russi di casa nostra. A Persano, presso il Centro di Rifornimento Quadrupedi, rimasero dal 1917, data della Rivoluzione comunista, sino al 1952/53. Esuli ma liberi e con uno stipendio. Prigionieri di una patria che non era disponibile a riprenderseli. “ I pochi persanesi rimasti, vecchi come me, alla fine mi hanno convinto – racconta Gallotta – che ne sanno meno di me. Vi affido comunque i miei ricordi, in fede, come li ho vissuti e come li ho percepiti. Matteo con una compagna istriana era sarto rifinito e faceva di preferenza vestizioni per militari di cavalleria. Ha vissuto in una casa nei pressi della struttura per cavalli “Le Capanne” , ed ha avuto due figli, miei compagni di gioco a nome Olga e Nino. E’ deceduto alla fine degli anni ’40 e la sua famiglia si trasferì in Sicilia al seguito del nuovo compagno della Signora. Simone ha sposato una ragazza di Eboli e quando andavo a scuola alle medie, conoscevo le figlie. E’ morto alla fine degli anni ’50. Se d’interesse, a Eboli si può cercare di più. Lavorava all’infermeria cavalli ed era un tipo sempre allegro. Pietro e Giovanni vivevano insieme a Persano in una casettina nei pressi del cosiddetto “giù al quartiere”, ove sostavano i cavalli di servizio dei butteri. Pietro faceva il muratore ed è deceduto intorno al 1951. Giovanni, ex Colonnello della cavalleria russa , personaggio più di rango anche a vista, si occupava della riparazione delle staccionate, rovinate dai cavalli e dai bovini. Giovanni è stato l’unico a rientrare in Russia, accompagnato all’aeroporto di Roma da benedetto Cusati, capo della falegnameria del Centro. Sono vivi i ricordi di queste persone, perfettamente integrate nel tessuto sociale dell’epoca. Non hanno mai dato impressione negativa , amichevoli e alacri lavoratori “ . Finisce qui l’appunto tratto dalla memoria di Antonino Gallotta. Sarebbe bello incrementarlo con altri ricordi. Oreste Mottola
Russi a Persano
Leggendo il libro del mio amico Andrea Bisi dal titolo “ San Martino dei cavalli “, sono venuto a conoscenza che in quel Centro Rifornimento Quadrupedi in provincia di Modena, il 5° nell’organizzazione del Ministero del periodo fascista, erano stati collocati tre Russi, compagni di quelli che stavano a Persano. Il Centro di San Martino Spino operava su circa 500 ettari di terreno ed era specializzato nell’allevamento del cavallo agricolo-postiere da tiro pesante rapido e da tiro pesante lento. Aveva linee organizzative come Persano , con le stesse qualifiche e le stesse mansioni. La dirigenza era tutta militare. Fu tra i primi Centri ad essere soppresso con la legge di riforma agraria del 1954, avendo la meccanizzazione preso il posto delle attività prima affidate al cavallo. Il primo dei tre Russi, Daniel Ingiulatoff, fu occupato come guidatore di carrozze, con tiro sino a sei cavalli. Sposò Mirina Bizzarri ed ebbe tre figli. Il secondo , Nikador Komlew divenne manutentore stradale, sposò Queride Greco ed ebbe due figli. Nicoly Effimor fu impiegato come conducente di carri agricoli, rimase celibe. Tra i Russi di Persano, Simone Sci Scin, oltre al lavoro di smaltimento dei rifiuti organici dei cavalli, si occupava di un maestoso albero di gelsi neri. Per evitare che i ragazzi vi accedessero ogni tanto spruzzava sull’albero una sostanza che procurava una leggera dissenteria. Era proprietario di una vecchia bicicletta e tutti i giorni era al lavoro da Eboli, ove aveva famiglia. Il percorso della scafa era preferito nei periodi di bel tempo. Giovanni Abruzovv e Pietro Petriscianov, che hanno avuto casa a Persano per tutto il loro periodo, curavano l’amicizia con i compagni anche dopo l’orario di lavoro, conservando sempre discrezionalità mista a tatto e gentilezza. Li ricordo le domeniche di tempo buono a prendere il fresco sotto le piante in piazza Sofia, segnati da faccia rosa e rubiconda. Osservavano tutto , senza parlare. Noi ragazzi salutavamo, loro rispondevano chiamandoci per nome. Matteo Isaeff, che abitava alle Capanne, a 4 km da Persano, dalla compagna Tatiana aveva avuto 2 figli, Olga e Nino. Di Olga ho fatto cenno a un episodio giovanile nella poesia “ Amori a Persano “, nella 17a edizione de “ Il Saggio “, il mese scorso. Era bionda, alta, atletica , amica di tutti. Da giugno a settembre arrivava in bicicletta a Persano col fratello Nino e poi in gruppo si andava a fare il bagno al Sele, nei pressi della scafa, ove una volta era la postazione di Antonio Verruccio con i suoi sedici figli. I grandi cefali guizzavano nell’acqua rincorrendo le nutrie, forse anche le lontre, che noi temevamo ritenendole grossi topi. Olga non aveva paura di niente. Oltretutto era una brava nuotatrice, riuscendo anche nelle gare contro la corrente del fiume, in alcuni punti abbastanza insidiosa.
Antonino Gallotta
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