I Signori Santostefano della Cerda a Mena Nova
Testo e foto dell’archivio fotografico di Antonino Gallotta
Veniva spesso a Mena Nova di Persano (centro di doma e addestramento puledri di 3 anni) un giovin signore gentile e curioso, di nome Fulco, insieme alla sorella Maria Felice di Santostefano, contessa della Cerda, moglie del Generale di cavalleria Tommaso Lequio, conte di Assaba. Fulco si muoveva di continuo, in massima libertà, mentre la sorella seguiva le attività di mia madre che consistevano nell’infornare il pane nel forno a legna, attiguo alla casa, oppure a raccogliere le uova nel pollaio. Quando si stancava si dedicava ad innaffiare l’orto, facendo scorta di fichi, sia del tipo bianco che scuro. Nel continuo correre Fulco apriva e chiudeva i box dei cavalli, osservando soprattutto la ferratura. Una volta gli ho mostrato i ferri dismessi che raccoglievo quando il maniscalco veniva a cambiarli, in genere ogni quaranta giorni, e ne scelse cinque, fra i quali uno appartenente a Giulivo, nato nel 1938, sauro anglo arabo in attività come stallone esploratore, a cui io tenevo molto. Poi si dilettava a pitturare i ferri dei cavalli e li metteva in mostra, a beneficio dei lavoranti in servizio a Mena Nova. Quando gli capitava tra le mani un filo di ferro, spesso il filo che avvolgeva le balle di fieno e di paglia, in breve tempo creava una testa di cavallo oppure un bovino maremmano dalle lunghe corna. Passava velocemente da un settore all’altro, forte della sua genialità, già collaudata dalla nascita in terra di Sicilia, ove a Palermo possedeva la famosa villa di Niscemi. Maria Felice in particolare raccontava della casa di famiglia, la vita che conduceva, specie quando erano in compagnia dei cugini Tomasi di Lampedusa. Dopo tanti anni venne a sapere che Fulco aveva dato sfogo alla sua inventiva diventando maestro gioielliere, conteso dai grandi del comparto orafo e cinematografico. Creatore di gioielli ha esposto a Parigi, Londra e New York. Ha collaborato con grandi registi, fornendo le sue conoscenze nella stesura del film “Il Gattopardo”. Mi piace pensare che il suo genio in gioventù abbia trovato l’humus giusto per svilupparsi, sostenuto da abbondanti bevute di “acqua del pozzillo”.
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